Tra le tappe più interessanti del turista che si avventura tra le strade del centro di Roma c’è la chiesa di San Luigi dei Francesi. Custodisce tre, tra le pìù belle, opere del Caravaggio. Sono tele dedicate al santo evangelista Matteo e ne raccontano sinteticamente la vita. Dalla vocazione, fino al suo martirio. Le opere sono esposte nella cappella Contarelli.
La cappella Contarelli, a san Luigi dei Francesi, le tele del Caravaggio
La storia di questa cappella è veramente complessa. E la sua genesi si deve, appunto, al cardinale Matteo Contarelli (il francese Mathieu Cointrel) che era un amministratore dello stato pontificio nel sedicesimo secolo. Un ufficio, quello del cardinale, che per certi versi rievoca il mestiere attribuito a San Matteo, e cioè di esattore delle tasse. D’altronde il mecenatismo dello stesso cardinale è notorio, tanto da investire ingenti risorse nell’ edificazione della chiesa romana di San Luigi. E tanto da attirare l’attenzione del pontefice, per l’enorme esborso di denaro a questo scopo, fino ad un’inchiesta che evidenziò fenomeni di corruzione nella dataria pontificia. Le accuse ricadute su Contarelli portarono all’interruzione del cantiere. Le opere ripresero solo nel 1597 e andarono molto a rilento. Ed ecco, l’entrata in scena del Caravaggio, a cui fu commissionato l’incarico di portare a termine i lavori nel più breve tempo possibile, anche in vista dell’Anno Santo del 1600 imminente.
Caravaggio: la vocazione di San Matteo, San Luigi de Francesi
Nella cappella Contarelli, che si trova sulla navata sinistra, in fondo alla navata, possiamo ammirare il ciclo pittorico dedicato a San Matteo. La prima scena, forse la più famosa è quella che riguarda la “Vocazione” dell’Apostolo. Lo stesso Matteo, evangelista, ci riporta l’episodio: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: Seguimi”. Caravaggio ha usato alcuni particolari per ricordarci la funzione di gabelliere, esercitata dal giudeo. Notiamo nella scena: penna, calamaio, un libro mastro. Sappiamo che la risposta di Matteo fu di piena disponibilità: “si alzo e lo segui”. Folgorato dallo sguardo di Gesù, ha stravolto la sua vita, rinunciando ad ogn agio e posizione privilegiata. L’istante è meravigliosamente immortalato dal pittore: un braccio, quello di Cristo, è dispiegato verso Matteo; lo indica, e manifesta una chiara scelta. Anche l’altro personaggio, sempre sulla destra, San Pietro, punta il dito verso il protagonista, mettendo ancora più in evidenza che in quella piccola osteria, la benevolenza di Dio si è piegata su di lui. Tutto è buio, gli sguardi sono quelli di persone intente ai loro affari, tranne quelli di coloro che sono coinvolti in una relazione con Cristo. E soprattutto la luce, mette in risalto gli attori della storia, in maniera sublime, come se si accendesse un riflettore dall’alto. La luce irrompe dalla finestra ad illuminare, e a squarciare l’oscurità.
Il martirio di San Matteo, Caravaggio, San Luigi de Francesi
Di fronte alla tela della chiamata, quella del “martirio” dell’apostolo Matteo. Raffigurato come un anziano signore, attempato. Infatti dev’essere morto attorno ai settant’anni. Fu trucidato, ferocemente, mentre celebrava la Santa Messa da alcuni pagani. Un martire dunque, ha versato il suo sangue per Cristo, e un angelo, sulla scena, gli offre una palma a simboleggiare il dono estremo di se stesso per la fede. C’è un accanimento su quest’anziano uomo, da parte dei tanti assalitori che popolano l’immagine. Ma è la raffigurazione dell’angelo che deve attirare l’attenzione di chi contempla quest’opera. Un angelo avvitato su se stesso, una posa estrema, un gesto difficile da immortalare in questo movimento slanciato verso il basso. Sullo sfondo, nella penombra, a sinistra, emerge un autoritratto di Caravaggio, un cameo cinquecentesco.
San Matteo e l’angelo, Caravaggio, San Luigi de Francesi
Nel 1602, il nipote del cardinale Contarelli, scrive a Caravaggio il suoi desiderata in merito alla terza tela, che ammiriamo a San Luigi dei Francesi: “San Matteo in sedia con un libro o, volume, come meglio parera, nel quale mostri o di scrivere o voler scrivere il vangelio et a canto a lui l’angelo in piedi maggior del naturale in atto che paia di ragionare o in altra attitudine”. Il risultato degli sforzi del pittore, per assecondare i desideri del committente, è magistrale. Giallo e arancione della tunica si sposano in maniera perfetta. La barba e il modo in cui Caravaggio ha evidenziato lo sguardo è formidabile. L’angelo ispira San Matteo, nella stesura del Vangelo, e sembra quasi suggerire ciò che deve essere messo per iscritto. Il protagonista è in equilibrio tra il tavolo, sul quale appoggia le braccia, e lo sgabello usato per poggiare una gamba.